Bolla cum nulla (573 anni fa)
Il 7 ottobre del 1452 con la Bolla Cum Nulla Fidelium di Nicolo V riconosceva la nascita delle Monache Carmelitane: sono quindi 573 anni dalla nostra nascita “ufficiale”.
Nel 2002 la Famiglia Carmelitana celebrava il 550° anniversario della Lettera del Papa intitolata: “Cum Nulla”. Emessa dal Papa Nicolò V, è indirizzata al B. Giovanni Soreth, Priore Generale del tempo (7 Ottobre 1452).
Il padre Generale dell’epoca, p. Joseph Chalmers, scrisse a tutto l’Ordine: Nella terra del Carmelo. In alcuni passaggi di quella lettera leggiamo:
“6. Le Costituzioni delle monache carmelitane così si esprimono: «L’Ordine ebbe, fin dal secolo XIII, con la sua diffusione in Europa, alcune donne particolarmente unite al suo spirito, le quali ben presto si legano con gli stessi vincoli dei religiosi. La bolla “Cum Nulla” di Nicolò V, dell’anno 1452, mentre approvava una situazione di fatto, poneva le basi per un ordinato sviluppo del Carmelo femminile, affinché “la madre di Dio fosse venerata dalle religiose così come lo era dai religiosi dell’Ordine” (desiderio espresso dalle monache di Ten Elsen al B. Giovanni Soreth, in risposta ad una lettera del 14 Ottobre 1453: in AOC, 11 (1940-42), 41)» (Costituzioni n. 19).
Da inizi modesti è sorto un movimento che ha interessato donne di tutto il mondo, consacrate al servizio di Dio e del prossimo con una vita gioiosa di preghiera e di penitenza. Questo stile di vita ha generato molte sante la maggior parte delle quali rimane sconosciuta eccetto che a Dio. La figlia più famosa del movimento claustrale carmelitano è la grande S. Teresa di Gesù che con spiccato ingegno nelle sue molte fondazioni rielaborò gli elementi tratti dalla tradizione carmelitana. Vivendo in un’epoca di grande fermento e sconvolgimento, incorporò il meglio del passato in una visione nuova e creativa della vita contemplativa, una visione che influenza tutte le monache carmelitane. E infatti tutti i carmelitani guardano a S. Teresa come a una impareggiabile fonte di ispirazione e guida per la vita spirituale. Nelle Costituzioni delle monache, si usano le parole di S. Teresa per descrivere la chiamata ricevuta da Dio: «Ci sentiamo “chiamate all’orazione e alla contemplazione perché in ciò è la nostra origine e siamo progenie di quei santi padri del Monte Carmelo che, in grande solitudine e nel totale disprezzo del mondo, cercavano questo tesoro e preziosa margherita” (S. Teresa di Gesù, Mansioni V, 1, 3)». (Costituzioni n. 61).
7. Le monache di clausura carmelitane ricordano a tutta la Chiesa l’esigenza assoluta dell’amore di Dio. Danno una risposta radicale alla chiamata del Signore consacrando la propria vita interamente alla preghiera. Lo scopo di questo genere di vita è la contemplazione e così le monache di clausura sono spesso chiamate “monache contemplative”. La contemplazione è il cuore del carisma carmelitano. Vivendo in questo modo radicale, testimoniano la centralità della contemplazione per tutti i carmelitani e la loro vita silenziosa testimonia al mondo che solo Dio può rispondere ai desideri infiniti del cuore umano.
8. Nel corso dei secoli troviamo molti modi di pensare la contemplazione. Talvolta è stata confusa con certe esperienze estatiche ed emotive di preghiera. La contemplazione può o non può includere tali esperienze ma sembra spesso svilupparsi in una dimensione di oscurità e di aridità. È contemplativo chi ha una relazione matura e intima con Dio. Le relazioni umane che arrivano alla vera intimità sono passate attraverso vari stadi ed entrambe le parti sono maturate. Naturalmente nella relazione umano-divina, Dio non cambia mai ma noi sì, e davvero dobbiamo. Le relazioni umane possono insegnarci tantissimo sulla relazione con Dio, ma hanno i loro limiti. È Dio che ci cerca e ci sollecita per introdurci nell’itinerario di trasformazione verso il fine della vita umana: l’unione con Dio nella quale noi diventiamo simili a lui. La vita in una clausura carmelitana ruota intorno alla riposta alla chiamata di Dio a crescere in questa relazione con lui.
9. Maria, nostra Signora, era una vera contemplativa nel senso che si trovava sulla stessa lunghezza d’onda di Dio, anche se non sempre comprendeva ciò che avveniva. «Meditava tutte queste cose nel suo cuore» (Lc 2,51), cercando la volontà di Dio negli eventi della sua vita. È il modello della vita contemplativa.
[…]
Ancora:
“17. La vita di clausura potrebbe sembrare un mondo molto piccolo e una riduzione in tal senso costituisce una tentazione costante per coloro che la vivono. Essa tende ad allargare il cuore della persona chiamata perché possa abbracciare il mondo intero. S. Teresa di Lisieux esclamava con gioia: «Ho trovato il mio posto nella Chiesa e questo posto, o mio Dio, me l’hai dato tu. Nel cuore della Chiesa mia madre, io sarò l’amore… così sarò tutto» (Man. B, 3V). Scoprì la sua vocazione personale e io direi la vocazione di tutte le monache carmelitane. Qualsiasi cosa facciano, dicano e pensino nel piccolo mondo del monastero ha un significato eterno e universale. In passato ho spesso incoraggiato a un contatto assiduo tra frati e monache per fomentare un maggior senso di famiglia tra di noi: siamo fratelli e sorelle. Abbiamo il compito sacro di aiutarci concretamente l’uno con l’altro, ma soprattutto in modo tale da poter vivere pienamente la nostra vocazione. Il modo più importante con cui le monache possono aiutare gli altri membri della Famiglia Carmelitana è attraverso il senso della preghiera e il sacrificio quotidiano. Dalla prospettiva contemplativa possono ricordare a tutti noi la comune vocazione profetica per testimoniare l’amore di Dio per i poveri.
18. Non riusciamo a valutare quanto la preghiera aiuti gli altri. È questione di fede e sappiamo dai vangeli quanto Gesù avesse stima della fede. La preghiera e il sacrifico di s. Teresa per gli altri sono ben conosciuti. Lei credeva che l’amore soltanto rendesse possibile agli apostoli predicare e ai martiri spargere il sangue. (Man. B, 3V). Tutta la Famiglia Carmelitana è unita nel e attraverso la preghiera che ci apre alla presenza e azione di Dio nella nostra vita.
Il priore generale poi fa una breve storia di alcune figure iniziali e illustri del mondo monacale:
“19. La vita claustrale carmelitana ha santificato molte donne la maggior parte delle quali è conosciuta solo a Dio. La Chiesa ha beatificato o canonizzato alcune di loro additandole come modelli per tutta la Chiesa. Queste hanno una risonanza che supera i confini della clausura e testimoniano che Dio appaga il desiderio del cuore umano. Seppur questa mia lettera non intende descrivere tutte queste donne sante, desidero brevemente presentare alcune figure di spicco che restano esemplari per una vita di clausura.
B. Francesca d’Amboise (1427-1485)
20. La B. Francesca d’Amboise è riconosciuta fondatrice delle monache carmelitane in Francia. Con suo marito che divenne duca di Bretagna nel 1450, regnò come duchessa per sette anni fino alla morte di lui. Dopo vari incontri con il B. Giovanni Soreth decise di diventare monaca carmelitana e procurò i finanziamenti per la fondazione del primo monastero in Francia, che si costituì a Bondon, vicino Vannes nel 1463, con monache da Liegi. La B. Francesca le raggiunse nel 1468. Nel 1477 fondò un secondo monastero a Nantes. Ebbe anche una profonda influenza sulla legislazione delle monache carmelitane. Insistendo sulla stretta clausura, anticipò di un secolo la legislazione del Concilio di Trento.
B. Giovanna Scopelli (1428-1491)
21. La B. Giovanna era nata a Reggio Emilia in Italia e fin da giovanissima cercava di vivere una vita dedicata a Dio. Appartiene alla preistoria delle monache carmelitane ed è una delle principali figure del Secondo Ordine in Italia. Ricevette grazie mistiche da Dio ma dovette soffrire un lungo periodo di purificazione interiore. Si può comprendere il suo cuore carmelitano dalla relazione profonda che aveva con Nostra Signora. Il monastero, fondato nel 1485, ebbe come suo principale scopo la preghiera per la Chiesa. La B. Giovanna con ventidue giovani donne si misero sotto la congregazione mantovana dell’Ordine. Fu lei la priora del monastero così come la guida spirituale. Non c’era tradizione di monasteri femminili carmelitani in Italia cui guardare per ispirarsi, ma con il suo ingegno seppe adattare i valori fondamentali carmelitani alla nuova situazione. Simili sviluppi stavano accadendo in Francia come si è detto sopra, in Belgio e in Spagna, sempre nello stesso periodo.
B . Arcangela Girlani (circa 1460-1495)
22. Altra nota figura nel consolidarsi delle monache carmelitane in Italia è la B. Arcangela. Entrando nel monastero di Parma assieme alle sue due sorelle nel 1477 prese il nome di Arcangela perché desiderava passare la sua vita nella lode di Dio proprio come gli angeli in cielo. Divenne priora non molto tempo dopo la sua professione e a breve la sua santità fu conosciuta in tutta la zona. Le venne chiesto di realizzare una nuova fondazione a Mantova. La storia dice che i cittadini di Parma era dispiaciuti di perdere la loro santa mentre i cittadini di Mantova ne gioivano. Questo entusiasmo medievale non si verificherebbe più ai nostri giorni ma dà indicazione di come un monastero contemplativo non sia finalizzato esclusivamente alla santificazione delle monache, ma testimonia l’amore che Dio ha per tutti gli uomini e le donne.
S. Teresa di Gesù (1515-1582)
23. Di quando in quando Dio coltiva persone che sono specialmente dotate per affidare loro qualche opera particolare. Le linee principali della vita di S. Teresa di Gesù sono ben conosciute. Divenne monaca carmelitana nel monastero dell’Incarnazione ad Avila nel 1536. In questo monastero Teresa ricevette la sua prima formazione come carmelitana e là ritornò come priora.
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S. Maria Maddalena de’ Pazzi (1566-1607)
27. Entrò nel monastero carmelitano di S. Maria degli Angeli all’età di sedici anni nel 1582, anno della morte di S. Teresa. Era un monastero fiorente di circa ottanta monache. I primi cinque anni della vita religiosa di Maria Maddalena furono contrassegnati da visioni, estasi e altri fenomeni straordinari. Le sorelle della comunità scrissero le sue espressioni estatiche; a loro dobbiamo la nostra conoscenza di Maria Maddalena.
28. Caratteristica della spiritualità di S. Maria Maddalena è il grande amore per la Chiesa, la passione per la sua riforma e per la riforma della vita consacrata. È testimone eminente dello zelo apostolico e della dimensione ecclesiale, frutto della vera contemplazione.
29. Il monastero carmelitano è parte viva della Chiesa locale, non un rifugio dal mondo. La monaca carmelitana come S. Maria Maddalena affonda le sue radici nel cuore della Chiesa e nella sua missione di diffondere la buona novella del regno di Dio. La clausura separa fisicamente dal mondo la monaca carmelitana per renderla più libera di essere unita spiritualmente ad ogni essere umano: «La loro vita diviene una misteriosa fonte di fecondità apostolica e di benedizione per la comunità cristiana e per il mondo intero» (Verbi Sponsa 7).
30. S. Maria Maddalena de’ Pazzi nutrì profonda devozione alla passione di Cristo e vide in questo il luogo della ricreazione dell’essere umano. La sua spiritualità è cristocentrica e allo stesso tempo mariana. Intese il cammino spirituale come ritorno dell’uomo a Dio e conflitto tra due amori: l’amore di se stessi e l’amore di Dio. L’orgoglio distrugge l’unione tra Dio e l’uomo, e tra uomo e uomo; l’umiltà ristabilisce l’unione. L’amore è la chiave della relazione umano-divina. La vita spirituale per la monaca fiorentina è circolare: ha il suo inizio e la sua fine in Dio. La persona trasformata, vivendo la vita di Dio, è di grande beneficio per tutta la Chiesa.
31. La liturgia fu il luogo di molte delle estasi di S. Maria Maddalena. Spesso dopo aver ricevuto la Comunione che percepiva come sacramento di amore, entrava in una preghiera profonda. La liturgia è elemento essenziale della vita della monaca carmelitana. Come gli eremiti sul monte Carmelo la monaca carmelitana va dalla solitudine della sua cella alla cappella, cuore del monastero, per poi tornare alla sua cella. Porta alla preghiera della comunità – che è la preghiera di Cristo: testa e membra – un cuore che è stato purificato dalla comunione con Dio nella solitudine della cella. Si rafforza con la preghiera della comunità per continuare la sua ricerca di Dio.
32. La celebrazione fedele della liturgia divina è parte integrante della missione di una comunità claustrale. La celebrazione quotidiana dell’Eucaristia e l’Ufficio divino sono una partecipazione alla continua preghiera di Cristo al Padre. L’intero essere della monaca carmelitana si allarga attraverso la sua vita di unione con Dio: essa si apre a tutti i bisogni della Chiesa e del mondo e li presenta per mezzo di Cristo al Padre nello Spirito Santo.
S. Teresa di Gesù Bambino
33. La figlia più conosciuta di S. Teresa di Gesù è la santa di Lisieux. Pur facendo parte delle carmelitane scalze, il suo insegnamento ed esempio sono validi non solo per tutte le monache carmelitane ma anche per tutti i cristiani. Andò contro la spiritualità dei suoi tempi che tendeva a vedere Dio come un rigido “sorvegliante” e la vita spirituale come una serie di montagne da scalare. Teresa capì che Dio le era padre, che l’amava infinitamente e desiderava far di lei una santa. Era consapevole di non avere in sé la forza di scalare le impossibili montagne dell’altezza spirituale, ma sapeva che Gesù stesso l’avrebbe sollevata. Era necessaria unicamente una grande fiducia in Dio. Con questa fiducia, Teresa divenne una grande santa e dottore della Chiesa. Da sempre voleva essere missionaria e sembra che la sua volontà sia stata letteralmente realizzata ai nostri giorni dal momento che le sue reliquie sono venerate da milioni di persone in molti paesi.
34. La vita in un monastero di clausura può apparire molto restrittiva ma S. Teresa insegnò col suo esempio e la sua “piccola via” che è possibile testimoniare il nostro amore per Dio in tanti modi, amore che Dio userà per la salvezza di tutti. La santa di Lisieux portò a un nuovo livello ciò che S. Teresa per prima aveva insegnato: «Dio non guarda tanto alla grandezza di ciò che noi facciamo quanto all’amore col quale lo facciamo» (Castello Interiore 7, 4, 15). La monaca carmelitana è chiamata a vivere interamente in Dio per la salvezza del mondo. Facendo le piccole cose con grande amore diventerà ciò per cui è stata creata, apostolo ardente dell’amore di Cristo fino ai confini della terra.
[…]
36. Nel pensiero comune il Carmelo è intimamente legato alla vita di preghiera e alla testimonianza di una vita interamente dedicata a Dio, tanto necessarie oggi nel nostro mondo lacerato dall’odio e dalle guerre. S. Edith Stein, compatrona di Europa, vittima dell’odio razziale e religioso, trionfò nell’abbraccio della croce di Cristo. La vita di clausura testimonia che l’amore di Dio è più forte dell’odio e un giorno conquisterà ogni cuore umano. Il documento post-sinodale Vita consecrata così si esprime: «Le comunità claustrali, poste come città sul monte e lucerne sul lucerniere (cfr Mt 5, 14-15), pur nella semplicità della loro vita, raffigurano visibilmente la meta verso cui cammina l’intera comunità ecclesiale che, «ardente nell’azione e dedita alla contemplazione», avanza sulle strade del tempo con lo sguardo fisso alla futura ricapitolazione di tutto in Cristo, quando la Chiesa «col suo Sposo comparirà rivestita di gloria (cfr Col 3, 1-4)», e Cristo «consegnerà il Regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni principato e ogni potestà e potenza, perché Dio sia tutto in tutti» (1 Cor 15, 24.28)». (VC 59)
Al Signore la lode e la gloria per questo dono alla Chiesa e all’Ordine.
Al Signore il nostro grazie per l’immensa schiera di monache, sante, beate…che ci hanno preceduto e sono ora nel Signore.
Al Signore una preghiera in modo speciale, per noi monache di vita contemplativa: perché sull’esempio di Maria, possiamo ascoltare la Parola, vivere in fraternità, essere fedeli all’ideale di solitudine e di nascondimento, nella continua ricerca di Dio, per il bene di tutta la Chiesa e dell’umanità.