Noi Monache Carmelitane Italiane

Il “Noi Monache Carmelitane Italiane” che introduce gli Statuti della Federazione “S. Maria Maddalena de’ Pazzi” dei Monasteri Italiani dell’Ordine dei Fratelli della B. V. Maria del Monte Carmelo, è espressione del fatto che alle origini del Carmelo, non troviamo una singola persona come Fondatore ma una comunità che, dopo un primo discernimento interno, chiede aiuto al Patriarca di Gerusalemme per consolidare e codificare il suo progetto di vita in una “Vitae formula”(1207) che solo in un secondo tempo assumerà lo status di Regola (1247). Il Carmelo origina dunque da più fondatori che vanno a costituire quella prima comunità di “Fratres del Monte Carmelo”.

Il “Noi comunitario” esprime in altri termini il nostro essere Chiesa della quale sono costitutivi: la comunione, la sinodalità, l’Unità.

A sua volta il progetto di vita in comune al Carmelo, si fonda su valori quali l’unanimità, la reciprocità, la condivisione, valori che si possono tutti ritrovare nella prima comunità di Gerusalemme.

Unanimità significa sintonia (essere un cuore solo) rispetto ad un unico progetto di vita. Nella Regola carmelitana (Cap. 4) si parla di consenso unanime. Unanimità non significa appiattimento, omologazione, bensì processo che nella misura in cui è vero, favorisce il dialogo e il discernimento comunitario. Per vivere l’unanimità si richiede verità e trasparenza nell’agire, virtù che scaturiscono dall’amore fraterno. Nello stesso tempo l’unanimità genera stabilità interiore in opposizione all’instabilità dei “personalismi arbitrari”.

La reciprocità è la forma più matura dell’unanimità o anche dell’amore fraterno. Tutti, pur nella diversità dei ruoli, sono chiamati a vivere l’obbedienza a Cristo. L’autorità deve obbedire a ciò che dice Cristo nel Vangelo, i fratelli devono pensare a Cristo più che alla persona del Priore. Priore e Fratelli si servono reciprocamente nell’umiltà ad imitazione di Cristo Servo.

La condivisione è da viversi come decentramento della rivendicazione del “Proprium”, che crea divisione e antagonismo, nella tensione ad una sempre maggiore concentrazione sulla povertà e sulla comunione totale dei beni.

In altri termini il “Noi comunitario” non appiattisce la fraternità né emargina la persona ma la valorizza.

Nella Regola non si enfatizzano dunque i ruoli istituzionalizzati; soggetto protagonista è la comunità, dove l’uguaglianza precede ogni ruolo e ministero che vanno considerati nel contesto della comunità. Un dono di sé dunque che si espleta attraverso un noi che diventa luogo teologico per eccellenza dove la Parola si incarna nel “silenzio che educa alla giustizia” (Reg cap. 21).

Essere carmelitane significa in altri termini “vivere” e “sentire cum Ecclesia”.

“Per questa stessa identificazione con la Chiesa e mediante la celebrazione della liturgia e la nostra offerta quotidiana, noi monache carmelitane intercediamo per tutto il popolo di Dio e ci uniamo all’azione di Gesù Cristo al Padre” (Ratio Monialium, 35, 2007).